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Scritto da Marco Manunta   
Martedì 24 Novembre 2009 01:00

ACQUA IN REGALO ALLA SPECULAZIONE PRIVATA

Un premio annunciato da tempo. E ora che fare?

Commento all’art. 15 D.L. n.135/09

Con la conversione in legge del D.L. n.135/09 sembra concluso l’iter che, a partire dalla Legge Galli del 1994, ha inequivocabilmente puntato alla privatizzazione dei servizi idrici.
L’obbligo di privatizzare è stato introdotto dalla maggioranza di governo tentando di coprirsi con una menzogna: l’obbligo imposto dall’Unione Europea.
In realtà, nessuna norma o direttiva dell’Unione e nessuna sentenza della Corte di Giustizia impongono l’affidamento ai privati della gestione dei servizi idrici.
Il Governo ha fatto improvvidamente ricorso alla foglia di fico degli obblighi comunitari, genericamente richiamati nell’intestazione del provvedimento, per sottrarsi alla responsabilità politica della scelta operata, certamente impopolare e non condivisa dalla stragrande maggioranza dei cittadini.
Ma la norma è anche palesemente incostituzionale, oltre che malamente formulata: viola pesantemente l’autonomia normativa delle regioni e cancella l’autonomia amministrativa degli enti locali in ordine alla gestione dei servizi pubblici; tra l’altro, intende illegittimamente imporre alle società per azioni miste (soggetti di diritto privato a tutti gli effetti) addirittura la regolamentazione interna sull’operatività della gestione (che deve essere affidata al socio privato, indipendentemente dalla volontà dell’assemblea degli azionisti).
Insomma, si è voluto fare un gran regalo alla finanza privata con una illimitata apertura di credito alle virtù del mercato e della “concorrenza”, proprio quando finanza e mercato hanno dimostrato tutto il loro potenziale devastante sull’economia reale e sulla società.
La risposta adeguata, già espressa dai movimenti, potrà arrivare direttamente anche dalle regioni e dagli enti locali, che vorranno legittimamente far valere le proprie prerogative di autonomia a tutela degli interessi dei cittadini.
Proprio in questi giorni la Corte Costituzionale (con sentenza n.307/2009) ha dichiarato l’illegittimità della legge regionale lombarda sui servizi pubblici locali nella parte in cui impone l’obbligo di separazione tra gestione ed erogazione del servizio; separazione che era stata fortemente contestata dai movimenti e aveva indotto 144 consigli comunali lombardi a chiedere il referendum abrogativo.
Anche qui si trattava di un regalo preannunciato ai privati, fortemente interessati al segmento più lucroso: quello che ricomprende la riscossione delle tariffe.

Marco Manunta

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