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Libri del mese

 

Sentieri himalayani

Sette racconti di viaggio ed altrettanti itinerari in una delle regioni più suggestive e sacre del pianeta, con una guida d’eccezione come Jacques Vigne. Medico psichiatra, ricercatore, maestro di meditazione, per la prima volta, e per il pubblico italiano, raccoglie in un libro le sue esperienze di viaggiatore e di guida sui sentieri himalayani.

 

Una gioia di nonsense

Perché abbiamo bisogno del comico e dell’assurdo? Da dove viene l’interesse per una forma poetica così poco convenzionale come il nonsense? Andare oltre il pensiero razionale, accogliere il senso nudo dell’esistenza ha un effetto liberatorio, salvifico, persino gioioso.


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La giornata mondiale dell’acqua e il dissesto idrogeologico del territorio italiano PDF Stampa E-mail
Scritto da Giacomo   
Domenica 28 Maggio 2023 19:04

La giornata mondiale dell’acqua e il dissesto idrogeologico del territorio italiano

di Marco Manunta, articolo pubblicato su Questione Giustizia del 12 aprile 2023

https://www.questionegiustizia.it/articolo/giornata-acqua-dissesto

 

Sommario

1.                Acqua e dissesto idrogeologico dimenticato

2.                La difesa del suolo e delle acque: sistema normativo e amministrativo di controllo e intervento

3.                Gli stanziamenti ordinari e del PNRR: l’insufficienza

4.                Le risorse mancano davvero?

5.                Gli stanziamenti per gli aiuti alle famiglie e alle imprese per il caro-energia

6.                Le spese in armamenti

7.                I costi pagati agli speculatori della pandemia

8.                Il ponte sullo Stretto di Messina

9.                Le spese per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina e i contributi per lo sci in Lombardia

10.            Ristabilire l’ordine delle priorità

 

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 26 Giugno 2023 09:47
 
Jacques Vigne torna in Italia PDF Stampa E-mail
Scritto da MC Editrice   
Venerdì 07 Aprile 2023 09:38
Jacques Vigne torna in Italia in maggio.

Con piacere vi segnaliamo l’incontro di due giorni organizzato da Associazione Movimenti Cambiamenti e MC Editrice

 

Il momento della cura per sé e per gli altri

Seminario condotto da Jacques Vigne - 13 e 14 maggio 2023

presso Cascina Vitale - Associazione Movimenti Cambiamenti

 

In questo periodo la cura è diventata indispensabile. Occorre riscoprirla, promuoverla e sostenerla come strada da percorrere per avere la forza di superare le ondate di negatività, sfiducia e rassegnazione in cui spesso siamo trascinati.

Durante le due giornate di seminario (13 e 14 maggio) Jacques Vigne ci guiderà in questo percorso (approfondendo alcuni temi a partire, in particolare, dal libro Neurobiologia della Meditazione):

  • Come, attraverso la cura e l'esercizio continuo dell'attenzione è possibile superare il dolore; uscire dalla solitudine, superare le negatività che produciamo e che ci vengono dall'ambiente esterno. Come trasformare le avversità in occasioni di progresso e crescita spirituale.

  • La cura come via della pace interiore e di cambiamento, la possibilità quindi di trasmetterla agli altri, al mondo.

  • Comprendere come la cura di sé è necessariamente collegata a quella verso gli altri e il suo esercizio restituisce fiducia e anche gioia.

In ognuno dei due giorni Jacques Vigne ci accompagnerà in una camminata meditativa negli ampi spazi lungo i campi e il torrente. Questa "esplorazione" sarà preceduta da una brevissima introduzione su questo particolare territorio che permetta di comprendere meglio il luogo e di stabilire dei collegamenti tra "il dentro e il fuori". E anche di scoprire le possibilità di un'azione concreta, ognuno a suo modo e secondo le sue inclinazioni.

Jacques Vigne è medico psichiatra francese, ha vissuto per oltre 25 anni in India, ricercatore e maestro di meditazione, è autore di importanti saggi che stabiliscono un ponte fra scienza (neuroscienza) e medicina occidentale e filosofie indiane e orientali. I suoi numerosi libri, tradotti in svariati paesi, sono contraddistinti da un approccio sempre rigoroso e da una vasta documentazione di supporto e nel contempo sono frutto di ricerche ed esperienze sul campo. Da qui la loro diffusione tra un vasto pubblico.


Info

E’ possibile partecipare anche a una sola giornata e anche andare e tornare nei due giorni, data la vicinanza con Milano (Località Pontecurone, a 10 minuti dal casello A7 Castelnuovo Scrivia, circa 40 minuti da Milano). Chi sceglie il treno può avvertire e daremo indicazioni.


Chi volesse pernottare può rivolgersi all’agriturismo La Mirabella (339 3322940 - www.lamirabella.it), la struttura ricettiva più vicina o cercare alloggio in altre località in zona come Tortona.

Il luogo: la cascina Vitale (anticamente Vigà), ai piedi delle colline, vicino ad un importante punto di guado del Curone, si trova in una località abitata fin dalla preistoria; reperti archeologici rinvenuti in scavi recenti indicano contatti con popolazioni celtiche, liguri ed etrusche.

Da vedere negli immediati dintorni: il paese di Volpedo con lo studio di Giuseppe Pellizza e la Pieve romanica di San Pietro; la Pieve romanica Santa Maria a Viguzzolo; la Pinacoteca di Tortona dedicata al Divisionismo.

Per INFORMAZIONI su costi e prenotazioni: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Per motivi organizzativi occorre prenotare entro il 23 aprile.

 

Ultimo aggiornamento Giovedì 20 Aprile 2023 10:23
 
Finché c’è guerra… La legge sull’export delle armi PDF Stampa E-mail
Scritto da MC Editrice   
Lunedì 20 Febbraio 2023 12:46

Finché c’è guerra… La legge sull’export delle armi

 

La guerra è la fiera campionaria delle multinazionali

Ilaria Alpi

 

Ucraina, Siria, Yemen, Libia, Iraq, Palestina, Etiopia, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Kurdistan, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Camerun, Burkina Faso, Sahel, Mali, Costa d’Avorio, Niger, Nigeria, Mozambico, Sahara Occidentale, Afghanistan, Colombia... Come ripete Papa Francesco, come ricordano gli organizzatori della Marcia Perugia-Assisi, la guerra è dappertutto e la facciamo anche contro i poveri, il clima, le donne, i rifugiati...

Non è vero che non possiamo fare niente di diverso da quello che stiamo facendo.

Non è vero che non ci sono alternative alla guerra.

Non è vero che non c’è spazio per il negoziato politico.

Innanzitutto, ci dice Tenzin Palmo, una delle più importanti insegnanti buddhiste occidentali, in una recente intervista, occorre avere chiaro che “i politici, i militari, i produttori di armi e le altre aziende implicate guadagnano immense fortune ogni volta che scoppia una guerra; si arricchiscono enormemente grazie alla morte e alla devastazione causate da ciò che commerciano.  Ma a loro non importa: più morti ci sono, più si conferma l’efficacia delle loro armi e più ne venderanno. Distorcono la verità a loro beneficio, fanno circolare menzogne, come sempre succede. Non dobbiamo credere alla propaganda, anzi, teniamo il cuore aperto!”

E allora chiediamoci, con gli organizzatori della Perugia-Assisi: quali altre armi siamo disponibili a inviare? Per quanto tempo ancora? Quale strategia politica e militare sta guidando i nostri invii di armi? Le armi che inviamo, infatti, non bastano mai. Siamo arrivati ai carri armati, ma gli ucraini già chiedono i cacciabombardieri, i missili a lungo raggio...

Dal 1990 c’è una legge in Italia, la n.185, che vieta l’esportazione di armi verso i Paesi in stato di conflitto armato, richiamando l’art.11 della nostra Costituzione che afferma che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ma questo non basta.

I limiti della legge che vieta l’export di armi

La legge 185 è un testo normativo importante, che pone principi e obiettivi in linea con il dettato costituzionale e chi aspira alla pace si trova in sintonia con alcuni punti fermi previsti, tra questi il divieto di esportazione di armi verso paesi in guerra.

 

Come si concilia con questo divieto l’invio di armamenti, in particolare, ai Paesi del Golfo, Arabia Saudita e Emirati Arabi (armi usate contro lo Yemen), e poi all’Ucraina? Il Governo Draghi prima e il Governo Meloni, poi, hanno deliberato generosi invii. Come è stato possibile? Chi decide sulla questione?

Chi aspira alla pace si trova in sintonia con i punti fermi della legge:

-        esportazione, importazione e transito degli armamenti devono essere in linea con la politica estera e di difesa dell’Italia (articolo 1) e, comunque, in sintonia con il principio enunciato dall’art.11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”;

-        tutte le operazioni che riguardano gli armamenti, compreso anche il semplice transito sul territorio nazionale o la cessione delle licenze di produzione, sono soggette ad autorizzazione e a controlli da parte dello Stato (articolo 1.2);

-        il Governo deve assumere “misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa” (articolo 1.3);

-        sono inderogabilmente vietate la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia (articolo 1.7).

La legge pone anche altri importanti limiti al traffico di armi. In particolare l’articolo 1.6 A) vieta l’esportazione e il transito di materiali di armamento “verso i paesi in stato di conflitto armato”.

Sulla conversione a fini civili ricordiamo, però, che nei primi anni ‘90 e nonostante la L. 185 fosse già in vigore, in Italia la produzione di mine antiuomo, che uccidevano o mutilavano le persone, fu fermata non dal governo, ma dalle stesse operaie impiegate nella Valsella Meccanotecnica di Castenedolo (Bs): dopo aver ascoltato i racconti di Gino Strada sui terribili effetti causati dagli ordigni, le 300 operaie addette si rifiutarono di proseguire nella produzione. La vicenda è riassunta in un articolo del Manifesto, firmato da Dino Greco e pubblicato il 15 agosto 2021 (https://ilmanifesto.it/un-pugno-di-operaie-di-un-piccolo-paese-fermo-le-mine).

Anche grazie a questa coraggiosa mobilitazione, una legge ha finalmente formalizzato il divieto di fabbricazione di mine antiuomo in Italia.

La storia delle perverse tecnologie militari ci ricorda che oltre 35000 persone in Cambogia sono morte o hanno subito gravi mutilazioni a causa delle mine antiuomo e che la strage si è protratta per molti anni dopo la fine della Seconda Guerra d'Indocina (combattuta negli anni dal 1946 al 1954 fra l'esercito coloniale francese e il movimento Viet Minh, guidato da Ho Chi Minh). Molte altre vittime, in numero imprecisato, ma sempre per gli stessi ordigni, sono state causate anche in Mozambico, Afghanistan, Angola, Cecenia, Kurdistan iracheno ed ex-Iugoslavia.

Quanto al divieto assoluto di ogni traffico e transito di armi nucleari (oltre a quelle biologiche e chimiche) ricordiamo tristemente che il nostro territorio nazionale “ospita” ordigni di tal genere nelle basi militari degli Stati Uniti: oltre a trasformare i luoghi in obiettivi militari designati, la presenza di armi nucleari è in palese e inammissibile contrasto con il divieto che l’Italia ha legislativamente posto: evidentemente siamo un paese in parte “suddito”.

Altro punto spinoso è quello dell’esportazione di armi verso paesi in guerra.

Anche qui la legge 185 ha posto un divieto, assolutamente conforme al dettato costituzionale dell’articolo 11: se l’Italia ripudia la guerra come metodo di risoluzione di controversie internazionali non può certo alimentare la guerra sia pure tra Stati terzi. Ma come sappiamo il Governo Draghi senza esitazione ha approvato l’invio di armi a sostegno dell’Ucraina e il Governo Meloni si è posto in perfetta continuità.

In effetti, la legge 185, pur vietando di rifornire di armi i paesi belligeranti (senza distinzione tra aggressori e aggrediti) prevede, però, deroghe sia in caso di “obblighi internazionali dell’Italia” (come nel caso di interventi, autorizzati dall’ONU, a fini di interposizione fra belligeranti), sia in caso di “diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”. E’ quest’ultimo il caso relativo alla guerra russo-ucraina.

Certo la legge prevede la deroga al divieto, ma pone una condizione di pubblicità e trasparenza, richiedendo il parere preventivo del Parlamento con il conseguente dibattito pubblico. Come sappiamo entrambe le Camere si sono espresse a larga maggioranza in favore del sostegno armato a favore di uno dei belligeranti e i due governi successivi (Draghi e Meloni) hanno ricevuto il via libera.

Dal punto di vista strettamente giuridico appare tutto regolare. Rimane, però, insuperato il nodo del contrasto netto fra l’opinione pubblica italiana, in misura preponderante contraria all’invio di armi, e i suoi rappresentanti in Parlamento.

Nei rapporti con altri Stati e in altre occasioni i nostri governi, salvo lodevoli eccezioni, si sono mossi disinvoltamente rispetto ad altri divieti posti dalla legge 185. In particolare, rispetto alle esportazioni verso paesi i cui governi erano e sono responsabili di accertate violazioni dei diritti umani (articolo 1.6 D) e rispetto all’ulteriore divieto di esportazione, che scatta “quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali”. Il secondo Governo Conte aveva disposto in proposito il blocco delle esportazioni verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti delle bombe prodotte a Domusnovas, nel Sud Sardegna, dalla RWM (controllata dalla tedesca Rheinmetall), ma nel luglio 2021, con il sostanziale beneplacito del Governo Draghi, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (UAMA) ha rimosso la clausola che condizionava l’esportazione verso i due paesi del Golfo alla presenza di un end-user certificate, cioè della garanzia di un impegno di tali paesi a non usare gli ordigni acquistati dall’Italia nel conflitto in Yemen. Infatti, negli anni precedenti, parti di bombe esplose in territorio yemenita avevano rivelato inequivocabilmente la provenienza e la fabbricazione da parte della RWM. Inutile ricordare le violazioni dei diritti umani ascrivibili ai due paesi in questione e i bombardamenti compiuti in danno dei civili dello Yemen nella lunga guerra, ricordata solo da Papa Francesco e da pochi altri e che insanguina quel paese dal 2015: il rapporto dell’Onu, pubblicato nel novembre 2021, indicava in 377mila le vittime, per il 60 per cento dovute agli effetti indiretti del conflitto (scarsità di acqua e cibo), e in circa 150mila gli yemeniti morti negli scontri armati e nei bombardamenti aerei. L’Undp, l’Agenzia per lo sviluppo dell’Onu, ha denunciato che nel 2021 ogni 9 minuti è morto un bambino di meno di 5 anni.

 

Impedire l’irreparabile

“Centinaia di migliaia di persone innocenti muoiono, e perché?”, continua Tenzin Palmo, “A causa di un ordine dei politici e della motivazione economica che li spinge. È tutto qui, non ha niente a che fare con “chi ha ragione” o “chi ha torto”, è solo una questione di potere e di denaro” (vedi intervista pubblicata in Otto dialoghi per il tempo presente).

E le motivazioni economiche, anche nel caso dell’Ucraina, sono evidenti. Oltre alle grandi ricchezze del sottosuolo, questa regione possiede una enorme quantità di terra coltivabile (si parla del 7% del totale mondiale) che è stata privatizzata dal governo Zelensky e svenduta alle multinazionali, soprattutto statunitensi. Il settore agricolo del Paese, infatti, è ormai quasi interamente nelle mani di multinazionali americane e occidentali – quali Monsanto, Cargill e Du Pont – (vedi documento “The corporate takeover of ukraine agriculture”, redatto dall’Oakland Institute). Nel gennaio scorso a Davos, Zelensky ha firmato un accordo per la ricostruzione postbellica con Black Rock, la più grande società di investimenti del mondo: il piano prevede che in cambio dei prestiti, Kiev provveda tra l’altro alla privatizzazione di buona parte del sistema industriale pubblico del Paese. Il popolo ucraino è così doppiamente vittima, massacrato dalla guerra e, sempre a causa della guerra, derubato dei suoi beni comuni oltre che dei suoi diritti civili e sindacali.

La guerra è la condizione per l’arricchimento dei potenti e la conseguente rovina di tutti gli altri e del pianeta. Non possiamo far finta di non saperlo.  Come non ricordare quel lungimirante film di Alberto Sordi del 1974, “Finché c’è guerra c’è speranza”? Riprendiamo l’appello del fisico Marco Revelli: “Che mille voci diverse, insieme, facciano sentire il loro no alla logica del “noi” contro “loro”, alla demonizzazione di ogni nemico, alla propaganda di guerra in cui siano immersi. Siamo in guerra con la Russia, stiamo andando alla guerra con la Cina, perché la leadership dell’Occidente pretende di dominare il mondo. Fermiamo questa follia”.

 

 

Otto dialoghi per il tempo presente

Pace per vivere Sei cigni per Simone Weil

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 20 Febbraio 2023 14:49
 

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