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Sentieri himalayani

Sette racconti di viaggio ed altrettanti itinerari in una delle regioni più suggestive e sacre del pianeta, con una guida d’eccezione come Jacques Vigne. Medico psichiatra, ricercatore, maestro di meditazione, per la prima volta, e per il pubblico italiano, raccoglie in un libro le sue esperienze di viaggiatore e di guida sui sentieri himalayani.

 

Una gioia di nonsense

Perché abbiamo bisogno del comico e dell’assurdo? Da dove viene l’interesse per una forma poetica così poco convenzionale come il nonsense? Andare oltre il pensiero razionale, accogliere il senso nudo dell’esistenza ha un effetto liberatorio, salvifico, persino gioioso.

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Le opportunità che offre il rallentamento imposto dalla pandemia

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Written by MC Editrice   
Thursday, 02 April 2020 14:00

Le opportunità che offre il rallentamento imposto dalla pandemia

Riflessioni alla luce dello Yoga

di Jacques Vigne

 

 In un momento in cui molti progetti individuali e collettivi vengono cancellati a causa dell'epidemia di coronavirus, possiamo ricordare le parole di Mâ Anandamayî: "Spesso non devi andare a cercare la rinuncia, viene da sé! " (per approfondire i suoi insegnamenti vedi il libro: La parola viva di Ma Anandamayi, MC Editrice 2017).

Ciò conduce ad una buona meditazione su questo mondo in cui le cose sono mutevoli come le onde dell'oceano e a capire la necessità di avvicinarsi all’impermanenza, di comprenderne il senso. La gente di solito considera l'impermanenza come il peggior nemico: un atteggiamento da rivedere.

Interiorizzare il rallentamento imposto dall'epidemia.

 L'epidemia di coronavirus è un grave rallentamento, non solo per l'economia, ma per la stessa accelerazione che si era gradualmente insinuata nella nostra vita quotidiana. Che ci piaccia o no, dobbiamo imparare a guardare le cose più lentamente. Questa lentezza, questa prospettiva in cui la morte è anche più presente. può offrirci maggiore profondità; vediamo più distintamente con due occhi piuttosto che con uno solo, e vediamo in senso più spirituale con l'apertura del terzo occhio dello yoga, che è quello di Shiva.

È proprio quando c'è un rallentamento, e ancora meglio, quando gli automatismi si fermano, che ci svegliamo. Per capirlo meglio, ci basta ricordare quei momenti in cui si è cullati nel sonno dal suono di un treno notturno e si è improvvisamente risvegliati nel momento in cui si ferma.

 Di fronte a questo obbligo di rallentamento, a questa sorta di colpo di arresto del destino, siamo portati a fare una scelta tra l’essere più interiorizzati e allo stesso tempo trovare nuove soluzioni per aiutare gli altri che si trovano in difficoltà - sia a causa dell'infezione diretta del virus, sia per i problemi materiali causati dalle restrizioni imposte- e il lasciarci andare alla distrazione/distruzione. Purtroppo, quando si è chiusi in casa propria, si ha comunque accesso a internet e a quei siti dove si possono vedere milioni di film, libri o musica praticamente gratis. È quindi possibile non interiorizzarsi affatto, passando l'intera giornata confinati in quattro mura! Bisogna essere consapevoli di questa tentazione e saper fare la scelta giusta.

 Questo rallentamento generale della società causata dalle attuali restrizioni è anche una sorta di clinica terapeutica, e in questo senso ci fa bene. Ricordo una riflessione di Swami Vijayananda.: ex medico francese, che divenne discepolo di Mâ Anandamayî e trascorse 60 anni in India, 18 dei quali in solitudine sull'Himalaya. Ho lavorato con lui per 25 anni, e ho potuto vedere quante volte le persone gli domandassero perché avesse trascorso così tanto tempo in solitudine. Spesso rispondeva: "Per me è stato un modo per rallentare la mente". Queste parole possono sembrare troppo semplici e anche un po' riduttive. Tuttavia, nella concezione dello yoga, quando la mente rallenta, il fango che contiene può depositarsi e si può vedere chiaramente il fondo. Si tratta quindi di un lavoro a lungo termine. In questo senso, i centri di ritiro spirituale rappresentano "cliniche di rallentamento" per una società che soffre di "accelerazione" acuta o cronica. Un altro consiglio che dava Swami Vijayânanda era di risparmiare le proprie energie per intensificare il progresso spirituale. Il ritorno a Se’ che impone l’isolamento va direttamente in questa direzione, purché se ne comprenda il messaggio. Come diceva Nietzsche, il vero coraggio è quello che si ha davanti a sé stessi. Il semplice fatto di stare a casa è un primo passo per sviluppare questo tipo di coraggio, e ha una sorta di valore iniziatico, soprattutto quando si è fatto ancora poco in tal senso nella propria vita.

Nelle culture primordiali, l'iniziazione dell'adolescente comporta spesso un periodo di pochi giorni da solo nella foresta. Al di là della capacità di sopravvivenza e di nutrizione in un ambiente selvaggio, c’è anche la separazione dall’ambiente familiare e sociale e l'esperienza diretta della solitudine. Oggi, per molti individui iper-socializzati, il fatto di dover stare a casa per qualche giorno o settimana sarà senza dubbio un'ottima opportunità. È loro responsabilità farne buon uso.

 Si oscilla infine tra due estremi, il rifugiarsi in molteplici distrazioni per ammazzare il tempo, e dall'altro lato, il rimanere paralizzati da una fissazione paurosa, ovviamente alimentata dai media. Nel primo caso diventeremo una specie di tossicodipendenti che tracannano film per evitare di percepire il malessere esterno ed interno. Ci sono molte persone che vivono questa situazione. Ho letto recentemente che in Francia le persone trascorrono in media due ore al giorno davanti allo schermo, soprattutto guardando film e utilizzando social network, consapevoli dell’inquinamento verbale e della violenza delle immagini, agendo in modo completamente irresponsabile.  Considerando infatti che le notizie che possono essere di livello e interesse più elevato rappresentano in media solo due minuti su due ore.

Quando prendiamo coscienza di questo, abbiamo il diritto di essere tristi e possiamo allora cercare di esprimere desideri universali di felicità , come per esempio: "Che tutti gli esseri possano stare bene, essere felici e in pace" ...

 C'è un modo per trovare la via di mezzo, da un lato approfittare della relativa solitudine per rallentare la mente come raccomanda lo yoga, e dall'altro tenersi informati sulla realtà esterna. Liberare il tempo rappresenta una porta che si apre alla luce dell'esperienza profonda. Deve essere spinta per essere oltrepassata e non si deve lasciare che la corrente d'aria, cioè qualsiasi capriccio o divertimento, la possa far chiudere facendola sbattere. Potremmo dire, con occhio critico, che c'è una giustificazione che sembra in sè banale ma in realtà è dannosa: "Sì, ma sto guardando questo o quest’altro… perché è interessante! "

Ci sono miliardi di cose interessanti, eppure le nostre vite sono limitate dal tempo, che è ciò che ci ricorda anche questo periodo di epidemia. Quindi dobbiamo sapere cosa stiamo cercando. Un vuoto relativo del  proprio uso del tempo è già un modo per percepire questo vuoto, un termine con cui i buddisti si riferiscono alla realtà sottostante. Una volta il Buddha prese una manciata di foglie da terra in una foresta e chiese ai suoi discepoli se comprendevano il loro significato. Di fronte alla loro curiosità, disse: "Queste poche foglie rappresentano l'insegnamento che vi sto dando, l'insegnamento che porta alla Liberazione. È ben poco, rispetto alle infinite conoscenze che sono così numerose quanto tutte le foglie della foresta! »

 

Le cause alla radice dell'epidemia e la tentazione dell'onnipotenza.

      Se osserviamo le cause di questa epidemia, possiamo trovare due ipotesi principali, entrambe in relazione al declino dell'umanità afflitta da idee di onnipotenza. La versione ufficiale è che si tratta di un virus che proviene da animali selvatici uccisi e venduti nei mercati della Cina. Perché gli esseri umani vogliono nutrirsi di animali uccisi quando le piante sono sufficienti? Ci sono alcune centinaia di milioni di vegetariani su questo pianeta che sono la prova vivente che le piante sono davvero sufficienti. Non è un sentimento di onnipotenza che spinge un certo numero di esseri umani a dire a se stessi che è normale che gli animali sacrifichino la loro vita per soddisfare non i loro bisogni, ma solo i loro desideri?

Idee per curare la paura in questo periodo di epidemia.

 Alcuni atteggiamenti e rimedi in generale sono già buoni per prevenire o curare la paura. Ne ho parlato nel mio articolo abhaya, la non paura che si trova sul sito. C'è sicuramente in generale l'idea che il pensiero sia creativo, pertanto coltivando molti pensieri paurosi, si hanno più rischi che la profezia si realizzi . Tuttavia, questo argomento ha anche i suoi limiti, perché un po' di ansia può spingerci a prendere delle misure più restrittive per contenere l'epidemia a livello individuale e collettivo, e questo è a priori una buona cosa. Anche in questo caso, non dobbiamo perdere il senso della via di mezzo o il buon senso.

 Poiché siamo in una prospettiva yoga per affrontare questa epidemia, possiamo riflettere sull'archetipo della danza Tandava, la danza della morte di Shiva. Questa è la storia: a causa di un conflitto con il padre re Daksha, che si era rifiutato di invitare il marito Shiva a un grande sacrificio che stava organizzando, Sati si recò comunque sul luogo del sacrificio e si  suicido’ gettandosi sul fuoco acceso. Shiva scappò, prese il corpo della moglie sulla sua spalla e fuggì, seminando morte e distruzione sul suo cammino a causa della furia e del dolore. Vishnu, vedendo ciò ed essendo lui stesso responsabile della protezione del mondo, si avvicinò cautamente da dietro e fece a pezzi il corpo della dea alleggerendo così il peso di Shiva. Dal corpo uscirono cinquantadue parti, e ognuna di esse cadde sulla terra e creò un tempio alla dea. Si possono distinguere almeno due livelli di interpretazione di questa storia, metafisico e psicologico: dal punto di vista metafisico, significa per l'induismo esiste una sola grande dea, la Mahadevi, e che le molteplici dee venerate in questi 52 templi ne sono solo le sue sfaccettature. Dal punto di vista psicologico, questo racconto rappresenta una critica all’attaccamento appassionato che porta alla distruzione. Questo può valere anche per la nostra situazione attuale? Sì, in un certo senso: già a livello pratico, chi è molto attaccato al proprio stile di vita e non vuole assolutamente cambiarlo non prenderà misure di protezione adeguate, e rischierà più la propria distruzione e quella delle persone che potrebbe contaminare. Questo è un aspetto, anche se non è l'unico. Per prima cosa, per molte persone, uscire la sera, andare in vacanza dall'altra parte del mondo è la cosa più bella della vita, ma non vedono la morte che è subito dietro di loro in questo periodo, così come Shiva non riusciva ad accettare che sua moglie fosse morta e che lui le fosse così affezionato come se potesse tornare in vita. Mâ Anandamayî ha fatto un gioco sul significato della parola in hindi, vishaya, visha: gli oggetti dei sensi, vishaya, sono veleni, visha. Ha anche detto che sono veleni lenti che minano la nostra energia senza che ce ne accorgiamo. Naturalmente, questo non va in direzione di una società di consumo, ma piuttosto verso una profonda saggezza. Tuttavia, riconosciamo che per meditare adeguatamente su questo argomento, saremo notevolmente aiutati dal fatto che abbiamo già risvegliato un certo livello di gioia interiore. In questo periodo di reclusione, il "cadavere del corpo amato" Sati che dobbiamo lasciar andare corrisponde ai nostri piani a breve e medio termine, e anche per molti, al nostro sostentamento. Se lo lasciamo andare senza resistenze sarà un aiuto al progresso spirituale; se lo facciamo con asprezza, sarà un ostacolo. Una buona soluzione può essere anche quella di fare come fanno alcuni italiani, che si lasciano andare in libertà al movimento...cantando sul loro balcone! Alla maniera di bhakti, della devozione indù, si dice che se si espira senza cantare un mantra, si espira per niente.

        Una cura per la paura dell'epidemia è saper ridere della morte: a questo proposito la cultura messicana è esperta, offre molte rappresentazioni ironiche intorno alla morte, come scheletri vestiti da spose e sposi, o con il cilindro e il sigaro, o in bicicletta! Adottare misure ragionevoli per proteggere se stessi e gli altri dal virus non ci impedisce di ironizzare sulla situazione attuale. Sappiamo che la risata favorisce l'immunità, quindi dobbiamo usarla saggiamente in questo momento.

 Agli esseri umani non piace l'incertezza, eppure questa è la situazione in cui ci troviamo. Nessuno, nemmeno gli esperti, può, ad esempio, stimare la durata dell’epidemia. Ragion per cui meglio lasciarsi andare e, ad esempio, meditare sulla frase zen: "Di momento in momento, apri la tua mente e apri la tua mano". Anche in questo senso, un grande maestro di meditazione thailandese, Ajahn Shah, consigliava una meditazione a cui attribuiva grande importanza, e che definiva addirittura cruciale: "Non sono sicuro! "Ogni volta che una sensazione, un'emozione, un impulso sale in noi, noi rispondiamo con "Non sono sicuro! "Questo non significa che dobbiamo dubitare dei valori fondamentali dell'essere umano o della necessità di progredire spiritualmente, ma dobbiamo mettere in discussione il nostro funzionamento automatico, le nostre sensazioni - emozioni che ci portano in una direzione o nell'altra senza esserne consapevoli. È quindi bello poter accettare che il futuro, anche quello prossimo, non è sicuro, e poterne sorridere.

  C’è una poesia Zen il cui primo verso dice: "Al mattino mi sveglio e sorrido". Ogni giorno ha la sua parte di incertezza; se lo si percepisce da subito e si sorride, si parte ogni giorno con il piede giusto. E ancora di più, non è solo al mattino, quando ti svegli, che devi imparare a sorridere, ma occorre farlo di fronte a tutto ciò che ti sveglia mentalmente, cioè a tutte quelle piccole o grandi cose che non accadono esattamente come vorresti. E ovviamente, un'epidemia non è ciò che gli esseri umani vogliono. Così ci sveglia il virus e se prendiamo questo risveglio con un sorriso, può diventare una causa di Risveglio. C'è solo una r caduta in mezzo per passare da un termine all'altro, è come la "rrrra" dell'irritazione...

 La tendenza dei gruppi umani è quella di stimolare la loro energia e la loro unità trovando un capro espiatorio. Questo meccanismo è sempre negativo e crea molti problemi, ma usare il coronavirus come capro espiatorio per stimolare la nostra lotta contro di esso è, d'altra parte, un atteggiamento accettabile. Non si può parlare di paura di questa epidemia attuale e dissociarla dalla tendenza a prevedere, o addirittura auspicare la fine della civiltà attuale, con una sorta di effetto domino o di "collasso", come dicono gli inglesi. In effetti, un'epidemia che ucciderebbe una buona parte della popolazione andrebbe in quella direzione. Da un punto di vista psicologico, cosa c'è dietro queste paure? Certamente un enorme senso di colpa che è particolarmente vivo in Occidente. Per esempio, nell'induismo e nel buddismo, le nozioni di fine del mondo e di Apocalisse sono molto meno presenti, anche se in entrambe le tradizioni si trova una visione della fine del mondo. L'Occidente moderno riconosce nel profondo di coltivare molti comportamenti non corretti, e che la modernità stessa è diventata il più grande predatore che il pianeta abbia mai conosciuto. Da qui nasce un senso di colpa represso che tende a manifestarsi sotto forma di delirio. La vera difficoltà è tracciare la linea di demarcazione tra una paura ragionevole e una possibilità negativa del futuro che non va trascurata, e il delirio apocalittico.

     Negli Yogasoutra di Patanjali, II, 16, si dice heyam dukhamanâgatam, "si deve evitare la sofferenza futura". Questo evoca l'insegnamento centrale del Buddha nelle Quattro Nobili Verità, ariya-saccha, la sofferenza, la sua origine, la sua fine e il fatto che può essere completamente superato[i]. Questa capacità di evitare deriva dalla comprensione e, in questo momento, già dalla prevenzione della contaminazione: oltre ad adottare un trattamento corretto se si è contaminati, più in generale, prevenendo la sofferenza dovuta al cambiamento, sciogliendo e disintegrando le proprie fissazioni mentali, sia grossolane che sottili.

 Rimanere a casa offre un grande riposo, e diventa cibo per l'anima. La lingua francese non ci strizza l'occhio mettendo insieme le parole "riposo" e "pasto"? Inoltre, la disciplina da tenere in questo periodo di epidemia ci dà dei limiti che possono diventare di per sé una meditazione se ricordiamo l'adagio Zen: "Quando accettiamo i nostri limiti, diventiamo senza limiti". Il significato è chiaro, sta a noi integrarlo nella nostra vita quotidiana comprendendo come applicarla caso per caso.

 Questa situazione pandemica, inaspettatamente, stimola la nostra attenzione. Se vi aggiungiamo l'altruismo, avremo queste due qualità fondamentali che ci permettono non solo di essere felici, ma anche di rendere felici gli altri, sviluppando la vigilanza e la benevolenza.

 

 



[i] Vedremo a questo proposito l'interessantissimo libro di SN Tendon pubblicato dall'Istituto di Ricerca Vipassana di Igatpuri A Re-Approasal degli Yogasutra di Patanjali alla luce dell'Insegnamento di Buddha. Può essere ordinato dagli Stati Uniti. Un altro libro con un maggior numero di pagine sullo stesso argomento e sullo stesso titolo sarà pubblicato a giugno da Routledge e Keagan, di Prtadeep Gokhale.



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