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A proposito di democrazia parlamentare |
A proposito di democrazia parlamentare
Alcune considerazioni dalla redazione di MC Editrice
La prima riguarda i pericoli gravi e incombenti per la democrazia che vengono prospettati in conseguenza dell’abolizione del bicameralismo perfetto. Quale è attualmente il ruolo del Parlamento nella sua funzione legislativa? Da anni, ormai, rileva Marco Manunta, magistrato, autore di diversi libri pubblicati da MC in tema di diritto comunitario e di diritto all’acqua, oltre il 70% delle norme nazionali sono dettate o determinate dalle Istituzioni comunitarie; cioè, la nostra vita è regolata o direttamente dalla normativa europea (regolamenti e sentenze della Corte di Giustizia) o indirettamente (direttive che devono essere attuate con l’emanazione di opportune norme nazionali).
E’, quindi, chiaro che, rispetto al Parlamento bicamerale disegnato dai Costituenti, cui era affidato il pressoché totale compito di dettare le regole e regolare la vita dei cittadini, oggi il ruolo del potere legislativo si è, di fatto, fortemente ridimensionato. E già qui si pone un’elementare riflessione: un Parlamento bicamerale con un numero record di deputati e senatori non sarà, forse, sovradimensionato?
Molti si stracciano le vesti sul “vulnus” alla democrazia e sulla lesione dei diritti fondamentali causati dalla riforma. Nessuno, però, si pone il problema di come quel 70% di norme eterodeterminate entra a far parte del nostro ordinamento. Ancora Manunta ricorda, come argomento di riflessione, che fu la Corte Costituzionale con la sentenza n.183 del 1973 a descrivere e riassumere il meccanismo di adeguamento “automatico” alla normativa europea ricordando, a proposito del Trattato allora vigente (ora trasfuso nel nuovo) che “ il secondo comma dell'art. 189 stabilisce testualmente: ‘Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi, e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri’”. In proposito la Corte ha rilevato che tale meccanismo di adeguamento automatico “trova sicuro fondamento di legittimità nella disposizione dell'art. 11 della Costituzione, in base alla quale ‘l'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni’, e quindi ‘promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo’”. In sostanza, quindi, la “generosa” limitazione di sovranità prevista dall’art.11 è stata prevista dai Costituenti per favorire la pace ed è tuttora il meccanismo che consente l’adeguamento automatico del nostro ordinamento; adeguamento che non prevede e non consente alcun vaglio preventivo o successivo di legittimità costituzionale, come chiarito dalla stessa Corte nella sentenza n.183.
E’ chiaro che l’art.11 non poteva e non può essere modificato, essendo ricompreso nei sacrosanti principi generali della prima parte della Costituzione, ma a questo punto non si capisce perché, invece di gridare all’inaccettabile limitazione della democrazia nazionale per l’abolizione del bicameralismo perfetto, non ci si occupi minimamente del deficit di democrazia delle Istituzioni comunitarie, da cui proviene la stragrande maggioranza delle norme in vigore sul territorio nazionale. Deficit di democrazia ampiamente denunciato in passato e solo parzialmente rimosso dal Trattato di Lisbona.
La seconda considerazione. Sempre a proposito di democrazia, ben poco si parla di un aspetto non secondario della riforma: le modifiche in tema di referendum e di leggi di iniziativa popolare. Le novità sono molto importanti, perché rendono più concreta e attuabile la democrazia diretta. La riduzione del quorum è fondamentale. “Ho attivamente partecipato ai movimenti per la gestione pubblica del servizio idrico e per il riconoscimento del diritto all’acqua”, ricorda Manunta, “ e quando si è avviata la campagna di raccolta delle firme per l’abrogazione del Decreto Ronchi, approvato dal Governo Berlusconi e che imponeva la privatizzazione dei servizi idrici, era enorme la preoccupazione di non raggiungere il quorum, nonostante le oltre 1.000.000 di firme ottenute”. La grande partecipazione popolare del 2011 ha scongiurato il pericolo del fallimento, ma la rilevante riduzione del quorum ora prevista dalla riforma (nel caso in cui si siano raccolte almeno 800.000 firme), può assicurare il successo di iniziative importanti, trascurate dai partiti e osteggiate dai governi (forse l’ultimo referendum tenuto, sulle “trivelle”, avrebbe avuto un diverso esito).
Anche l’obbligo per il Parlamento di esaminare prioritariamente le proposte di legge di iniziativa popolare tende ad assicurare l’effettività di un importante strumento di democrazia diretta: Marco Manunta, ha contribuito a predisporre una proposta di legge sul servizio idrico con raccolta delle firme necessarie. Il gruppo di studio di MC ha seguito interamente la vicenda. Ebbene la proposta, che risale a dieci anni fa, ha attraversato le varie legislature intonsa e l’esame in commissione è stato avviato solo nella presente legislatura: una beffa per i cittadini proponenti, che viene corretta con la riforma. Condividi - Share! |
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