Spiritualità femminile

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Scritto da MC Editrice   
Martedì 07 Marzo 2017 11:11

Spiritualità femminile
di Michela Bianchi



In tutte le istituzioni religiose la voce che prevale è quella maschile, i libri distribuiti sono stati scritti da uomini e gli esempi da seguire si riferiscono soprattutto a figure maschili, e il buddhismo, come afferma la stessa Tenzin Palmo, non fa eccezione in questo senso. Nonostante le tradizioni spirituali orientali non-duali, in particolare proprio il buddhismo, propongano il risveglio a quell’esperienza che fa andare oltre al mondo degli opposti e comportino quindi il riconoscimento della compresenza maschile/femminile in una realtà caratterizzata dall’unità e interdipendenza di tutte le cose.
 
Oggi, se il bisogno di spiritualità rimane profondo, la società sembra distaccarsi dalla dimensione religiosa e rifiutare in modo particolare l’immagine di un dio creatore, legislatore e giudice, dai caratteri esclusivamente maschili, al di fuori e al di sopra di tutto. Una concezione non solo lontana dalla moderna razionalità, ma che ci fa sentire, in un certo senso, orfani e soli. 
Probabilmente perché avvertiamo la mancanza di quell’indispensabile fonte spirituale di carattere femminile e materno, che ci riconduce alla nostra coscienza intuitiva, alla capacità di accoglienza, alla comprensione e alla sacralità del quotidiano. 
Si dice che nella ricerca spirituale il contributo femminile deve essere quasi interamente sviluppato, io penso piuttosto che questo contributo vada messo in luce, mantenendone però la natura e quell’equilibrio sottile cui Tenzin Palmo si riferisce. L’interiorità, la profondità e insieme la fisicità e il legame con la materia che lo caratterizzano sono valori che spesso comportano la non visibilità. 
La spiritualità femminile si dirige nell’agire quotidiano, “scende” sulla terra, nella terra; si mescola con il mondo, non ha trascendenza. La parola è allora il luogo della relazione, dell’accoglienza dell’altro e difficilmente si fa scrittura “in prima persona”. 
Per me si tratta di caratteri irrinunciabili e preziosi che hanno permesso all’umanità di camminare; un insieme di valori da riconoscere e conservare e non un minus contro cui ribellarsi. Se la mancanza di voce femminile è stata considerata come la conseguenza necessaria di un’inferiorità, del fatto di non avere intelligenza, anima, ragione, non si deve incorrere nell’errore analogo di ritenere totalmente positivi l’esteriorità, la forza (l’imposizione) della presenza e la visibilità. 
Si potrebbe fare le stesse osservazioni per il valore che ha il silenzio: tutti noi possiamo ancora parlare grazie al silenzio di molti.
Scrive Luce Irigaray, a proposito della teologia cristiana: “Il silenzio di Maria è spesso interpretato in modo negativo, in particolare dalle donne. Un simile giudizio è determinato da valori occidentali in prevalenza maschili. Il silenzio di Maria può essere inteso in un altro modo. Può significare un modo di preservare l’intimità con sé, l’auto-affezione, per non perdersi in un discorso che non è il proprio”.
Esporre la spiritualità femminile a un protagonismo che non le è proprio sarebbe strapparne la vera anima. Per questo un lavoro editoriale che voglia finalmente far luce sulle qualità spirituali espresse dalle donne è un compito delicato. La saggezza è simile a una sorgente d’acqua che scorre sotto le pietre, forse basta levare il pietrisco perché si riveli. E chi ha veramente sete potrà scoprirla e dissetarsi.
È un compito delicato e anche necessario. Pensiamo solo, per quanto riguarda la tradizione a noi più vicina, a come il messaggio evangelico sia stato sottoposto a una logica astrattamente idealista, dai caratteri ancora una volta maschili che hanno allontanato dalla “buona novella” tantissime persone. “Non c’è dubbio che ridurre Maria al ruolo di madre di un figlio”, scrive ancora Irigaray, “non induca le donne del nostro tempo a fermarsi a lei, a interrogarsi a proposito di lei, perché appare loro in tal caso come la schiava e la garante del regno patriarcale”.
Un’interpretazione diversa e possibile che si affida a una visione “altra” da quella fondata solo sulla logica e sull’apparenza, rivela invece un ruolo fondamentale di Maria – e quindi della donna – nell’incarnazione del divino nel mondo. È di questo diverso punto di vista, di questo cambiamento di prospettiva che il mondo ha bisogno: il contributo femminile è dunque indispensabile per ricomporre la visione d’insieme, per sanare le fratture, per risvegliarci alla nostra essenza. 
“Ma non può esserci energia femminile”, sottolinea Tenzin Palmo, “se le donne non si sostengono e non riconoscono il proprio contributo a favore del mondo”.
Il percorso editoriale che proponiamo parte da qui.



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